Quando decidi di affrontare le tue difficoltà organizzative, non c’è tecnica o strumento che tenga, se prima non sei andata al cuore del problema.
Le difficoltà organizzative sono democratiche: toccano a tutti.
Le difficoltà organizzative le affrontiamo tutti.
Anche le persone più allenate e predisposte all’organizzazione possono trovarsi ciclicamente in periodi confusi, di sovraccarico, disorganizzazione e disorientamento.
Possono essere cambiate le condizioni, le situazioni, le esigenze… o noi stessi: sono cambiati i nostri desideri, obiettivi, aspettative, necessità.
Spesso non si riesce subito a trovare un nuovo equilibrio e subentrano disagio e frustrazione, aumentando i livelli di stress e innescando anche sintomi fisici.
Ci sono cascata pure io…
Il primo errore che ho fatto io, da persona mediamente organizzata, è stato pensare che per risolvere il problema fosse sufficiente cambiare metodo organizzativo.
E così sono entrata in un circolo vizioso di questo tipo:
nuova tecnica seguita alla lettera –> una settimana o due di prova –> non funziona –> la butto –> ricomincio –> nuova tecnica….
Il risultato? Intanto che il mio disagio cresceva, aumentavano rabbia e frustrazione per non essere in grado di trovare una soluzione e ho iniziato a raccontarmi che:
- non avrebbe mai funzionato perché la mia situazione era diversa,
- una soluzione in realtà non c’era,
- ero intrappolata in una ruota di criceto e
- non ne sarei mai uscita…
Quindi mi sono rassegnata, crogiolandomi nella mia situazione, che è diventata una comfort zone disfunzionale… sia per me che per chi mi stava intorno.
Ho nascosto tutto “sotto al tappeto” pensando che un domani le cose sarebbero andate meglio, sarebbero prima o poi cambiate…
Mi sono anche sentita stupida, perché agli occhi di alcuni io ero fortunata (ma dove?) e perché vedevo che gli “altri” riuscivano e io no… (ma si dai un po’ di sindrome di calimero non si nega a nessuno)…
Ti ci ritrovi?
La nostra società corre a 1000…e noi pure
Abbiamo l’abitudine di correre, perché la società in cui viviamo si aspetta che lo facciamo.
Le idee di benessere e felicità sono condizionate dalle aspettative sociali che ci impongono uno “standard” che sentiamo il dovere di rincorrere per non sentirci sbagliati o inadeguati.
Viviamo in una cultura in cui fermarsi è vietato, il disagio e l’insoddisfazione non vanno analizzati ma anestetizzati con la ricerca di nuovi oggetti del desiderio, con nuove necessità di consumo: consumi digitali, shopping, integratori e farmaci per aumentare l’energia e nascondere la fatica (ho perso il conto delle pubblicità di integratori), sempre nuove attività da aggiungere all’agenda già sovraffollata…
E così che la nostra ruota del criceto diventa l’unico mondo possibile, come se un altro modo di vivere non fosse realizzabile, desiderabile, raggiungibile…
E sai come finisce se non decidi TU di fare qualcosa?
Io sono andata in burnout…
Difficoltà organizzative: il primo passo per migliorare è quello che non vorresti fare…ascoltarti!
Lo abbiamo detto: le difficoltà organizzative creano disagio e frustrazione.
Ma è anche vero il contrario… spesso le difficoltà organizzative sono il sintomo di un disagio e di un’insoddisfazione più profonde. Ed è così che siamo in un circolo vizioso che si autoalimenta.
Ma una soluzione c’è…
1- Sfatiamo un mito: non si nasce disorganizzati.
L’organizzazione è un’abilità che abbiamo tutti: alcuni più sviluppata altri meno. Le difficoltà organizzative non sono scolpite nella pietra e non determinano chi siamo: si può cambiare, migliorare, crescere.
2 – Fermati e ascoltati!!!!!
Quando sei sollecitato da tutte le parti a continuare a correre (e rincorrere) la prima cosa da fare per risalire dal baratro è fermarsi.
Siamo talmente spinti a velocità folle nelle nostre giornate che abbiamo disimparato come riposarci: non permettiamo a corpo e mente di rilasciare le tensioni e riprendersi, recuperando le scorte di energie.
Ma la cosa peggiore, che ho provato io stessa, è che abbiamo disimparato a fermarci ad ascoltare noi stessi, il nostro disagio. Abbiamo perso la connessione con noi stessi (o la abbiamo affogata nel consumo compulsivo che ti ho descritto sopra).
So che vorresti nascondere il tuo disagio, dargli un calcio e reagire con rabbia. Ma è ora di entrare in profondità, per ascoltare, per capire. È ora di fare buon uso di quel disagio.
Restare o riprendere il contatto con se stessi permette di avere intuizioni liberatorie sulla vera natura del disagio.
È un dovere che hai verso te stessa, ed è fondamentale se hai anche compiti di cura verso altre persone (figli, genitori, …). Se non troviamo tempo e volontà di prenderci cura di noi stessi, come possiamo prenderci cura delle persone che amiamo?
Nel momento in cui non riesci più a gestire te stessa (con evidenti conseguenze su attenzione, concentrazione, empatia, partecipazione), questo si ripercuote inevitabilmente sulle persone intorno a te.
Ascoltarsi… certo ma io non so come fare!
All’inizio in effetti, se hai disimparato, può risultare un po’ faticoso.
Io stessa ho impiegato un po’ a a capire quali domande dovevo farmi per tirare fuori la polvere da sotto al tappeto.
Prima di tutto mi sono imposta di fermarmi e ho trovato di grande aiuto la “tecnica dei 10 minuti” di cui ti ho parlato qui per iniziare, non potendo magari scappare al mare in isolamento per qualche giorno (ma se tu puoi, fallo!)
Altri modi sono la meditazione seduta o camminata, la mindfulness,…
Potrei elencartene a decine: l’importante è trovare quello giusto per te, quello che ti fa sentire predisposta all’ascolto.
L’importante è spegnere quel chiacchiericcio mentale di pensieri, percezioni e preoccupazioni che consuma le energie, essere gentili con se stessi e perdonarci di non essere perfetti.
Ho imparato anche che dovevo farmi delle domande ben precise che si possono riassumere in:
- Come mi sento/cosa provo/come sto
- Dare un nome al disagio
- Perché mi sento a disagio
- Cosa provoca il mio disagio
- Come voglio sentirmi.
E una volta tirato fuori il rospo… che me ne faccio?
Lo scopo di questo esercizio, soprattutto quando diventa un’abitudine, è riconoscere tensioni e disagi prima che prendano la scena con violenza provocandoti il burnout.
Il disagio è un’energia negativa che consuma quella positiva.
Riconoscerlo ci permette di sfruttarlo a nostro vantaggio e trasformarlo in positivo:
- se sappiamo/comprendiamo la sua natura, da dove viene, cosa lo alimenta, diventa più facile trovare delle soluzioni anche creative alla nostra situazione.
- La comprensione aiuta ad AGIRE invece di RE-AGIRE
- Riscopri te stessa, le tue necessità, i tuoi desideri e ti riorganizzi usandoli come guida (invece di lasciarti guidare da standard e aspettative non tue)
Una lezione importante che ho imparato io e perché oggi il mio modo di affrontare le tempeste è migliorato…
Come dicevo, ciclicamente le tempeste arrivano.
Quando ho imparato ad ascoltare me stessa prima di buttarmi su nuove tecniche organizzative, ho messo alcuni punti saldi che mi guidano nell’organizzazione nel breve e lungo termine:
- Se metti te stessa al centro della pianificazione, tutto il resto fluisce e trova la sua giusta dimensione e collocazione;
- Se sono a disagio di fronte ad un compito/un’attività vuol dire che non è allineata con i miei bisogni e quindi gli dedico la minima energia o trovo il modo di delegarla ad altri;
- Anche se mi trovo in un ambiente/situazione negativa da cui non mi posso allontanare, posso sempre migliorare la situazione organizzandola meglio a mia misura e conservando comunque sempre uno spazio fisico e mentale solo mio dove ritrovare me stessa.
Ciò che fa davvero la differenza per superare le difficoltà organizzative è la consapevolezza di sé.
La consapevolezza ti aiuta a migliorare le capacità organizzative, a trovare più facilmente metodi utili a te e adattarli alla situazione invece di copiarli, sprechi meno energia e la conservi per ciò che ti rende felice.
Difficoltà organizzative: fatti aiutare!
So che è difficile ma devi accettare di aver bisogno di aiuto: non c’è niente di male ad ammetterlo, non sminuisce chi sei.
Un occhio esterno ti aiuta a vedere le cose da un punto di vista diverso.
Spesso hai già intorno a te persone che vorrebbero aiutarti: aiutale a capire cosa vedi/vivi tu e a spiegare le tue necessità.
Non avere paura di rivolgerti ad un professionista: non ha pregiudizi nei tuoi confronti e ti aiuta ad analizzare meglio la situazione e a trovare soluzioni più adatte a te.
Se non riesci a trovare da sola la fonte del tuo disagio o il tuo disagio è così forte e invalidante da impedirti di agire e prendere decisioni, uno psicoterapeuta verrà in tuo soccorso.
Se hai compreso quali sono i tuoi bisogni, qual è la fonte del tuo disagio ed è ora di affrontare le tue difficoltà organizzative un Professional Organizer può aiutarti in un percorso di ricerca dei metodi migliori per te.
Migliorare le difficoltà organizzative: sono qui per aiutarti.
Amo definirmi Personal Organizer proprio perché mi occupo dell’organizzazione di te come persona, partendo dai tuoi bisogni fondamentali.
Per questo motivo nel metodo che uso per accompagnarti nel tuo percorso di riorganizzazione i primi step che affrontiamo sono
ASCOLTO-CONSAPEVOLEZZA-OBIETTIVI (i risultati che vuoi ottenere)
elementi indispensabili per poter costruire una cassetta degli attrezzi (strumenti organizzativi) su misura per te.
Se pensi che il mio metodo possa essere la strada giusta per te, prenota la tua call gratuita di 30 minuti: ci conosciamo di persona e valutiamo il percorso più adatto alle tue esigenze.
Teniamoci in contatto.
Se questo articolo ti è piaciuto puoi:
- iscriverti alla mia newsletter (e accedere alla sezione riservata del sito con contenuti speciali) per ricevere gli ultimi articoli e le novità;
- seguirmi su Instagram e Facebook dove condivido pillole di riflessione a tema organizzazione e miglioramento;
Se pensi che questo articolo possa essere utile ad altre persone, condividilo con loro.
Mi raccomando, ti aspetto nei commenti (o via mail): la tua esperienza può essere utile ad altre persone.
Lascia un commento